Albino e la forza inclusiva del teatro intergenerazionale di Anna

Giugno 4 2021

Una voce pacata e, insieme, carica di passione: così si presenta Anna Fascendini quando racconta la sua attività professionale, con una capacità irresistibile di trasportarti dentro al suo mondo, fatto di un teatro di corpo più che di parole, di studio e di tanto cuore, un teatro che sa rendere protagonisti i bambini e gli anziani insieme. Attrice, regista e formatrice, Anna ha dedicato la sua carriera teatrale ad approfondire l’approccio intergenerazionale, unendo cioè il mondo dei più piccoli con quello dei “grandi”, come semplicemente li chiama lei: “due mondi affascinanti, apparentemente lontani ma forse proprio per questo così simili, che interagendo attraverso il gioco del teatro creano una magia”. Dalla passione e dallo studio nasce il progetto intergenerazionale “Il cielo per terra”, che Anna inventa per le persone con demenza ospiti della Fondazione Honegger di Albino, in provincia di Bergamo.

Fin dall’inizio del suo riconoscimento come Comunità Amica nel 2018, la cittadina di Albino ha sviluppato diverse attività dedicate alle famiglie che vivono con la demenza: dalla formazione di vigili e commercianti ai gruppi di cammino per malati e caregiver, fino al progetto di Anna valutato come approccio ideale per dare concretezza al concetto di inclusione alla base di una Comunità Amica.

È da qui che nasce “Con le mani posso fare castelli”, il primo e specifico progetto scritto per gli adolescenti, che con le persone con demenza, in qualche modo, condividono quella fragilità e quel “sentirsi diversi” che spesso porta all’esclusione.

Due mondi affascinanti, apparentemente lontani ma forse proprio per questo così simili, che interagendo attraverso il gioco del teatro creano una magia.

È una classe terza del liceo socio-pedagogico Romero a mettere in pratica il progetto durante una learning week, un’esperienza immersiva di laboratorio teatrale intergenerazionale all’interno della Casa Honegger. Spiega Anna: “Per tutta la settimana i ragazzi invece di andare a scuola venivano al Centro per trascorrere momenti di lavoro e di relazione tra loro e con le persone con demenza. L’inizio non è stato semplice: alcune ragazze avevano delle resistenze a condividere gli spazi con gli ospiti, cosa comprensibile per chi non conosce la malattia”.

Per questo Anna, insieme alle sue compagne di avventura - le attrici Giulietta De Bernardi, con cui ha fondato la compagnia Scarlattine Teatro/Campsirago Residenza, e Francesca Cecala - ha iniziato il lavoro con cautela, “ma dopo i primi due giorni ogni paura è svanita: ho visto sotto i miei occhi la trasformazione dei ragazzi, entusiasti nell’accorgersi di essere arrivati alla fine della settimana con una capacità relazionale nuova, nata proprio dall’incontro fisico offerto dal teatro. Abbiamo lavorato in particolare sulle mani, strumento principale per entrare in contatto con l’altro”.

Insieme alle mani, i ragazzi hanno utilizzato anche materiali che Anna chiama “originari”, come una semplice stoffa che può trasformarsi in un velo da sposa o in uno straccio per pulire, e che diventa una fune se attorcigliata o un bebè se arrotolata. “Così risvegliamo il significato di un oggetto, che lascia una traccia emotivamente forte tra le persone che lo toccano, dando vita a incontri speciali nati semplicemente dal gioco. Il teatro è proprio questo: un gioco che serve a mantenere uniti, uno strumento estremamente potente sull’inclusività in genere, perché permette di creare una relazione che viaggia oltre il quotidiano e mette tutti sullo stesso piano, abbattendo le barriere legate all’età, alla malattia, alle possibilità fisiche dei corpi e delle voci”.


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